Dernier écho du jour qui meurt Avant que bleue devienne l’heure Le soleil danse sur la Loire Vêtue de sa robe de moire Les chênes prennent autres couleurs Pour toujours même ritournelle Dans ce ballet leurs branches effleurent Comme le font les hirondelles Le miroir d’eau avec leurs ailes.
«Chiedeva la metà dell’eredità, la chiedeva sulla terra, mentre il Signore gliela offriva nel cielo per intero. Il Signore gli dava molto di più di quanto quello reclamava».
Sant’Agostino, Discorso 107,1.2
L’illusione della proprietà
Molti dei nostri conflitti nascono dall’illusione di essere proprietari della nostra vita: a volte le relazioni si spezzano perché facciamo fatica a metterci d’accordo, abbiamo sempre paura che gli altri abbiano più di noi. Siamo spesso animati da inconfessabili sentimenti di invidia: non vogliamo ammettere che ci dà fastidio l’impressione che qualcuno abbia quello che noi non possediamo. Siamo divorati dalla gelosia, quando viviamo nella minaccia di poter perdere quello che crediamo di aver meritato. Eppure se aprissimo gli occhi ci renderemmo conto che in realtà noi non possediamo niente, non siamo proprietari di nulla. Tutto…
«La preghiera è un grido che si leva al Signore; […].
Se si grida col cuore, per quanto la voce del corpo resti in silenzio,
il grido, impercettibile all’uomo, non sfuggirà a Dio».
Sant’Agostino, Discorso 29,1
Il grido
Se qualcuno dovesse pensare che l’ingiustizia resterà impunita e che il grido del debole non sarà ascoltato, si sbaglia e farebbe bene a preoccuparsi nel caso fosse lui a praticarla. Fin dall’inizio la Bibbia ci assicura che nessun grido rimane inascoltato. Lo vediamo qui, nel testo della Genesi, dove, prima della preghiera di Abramo, si dice che Dio ha deciso di scendere perché ha sentito il grido del suo popolo.
Anche più avanti, all’inizio del libro dell’Esodo, Dio ancora una volta scende perché ha sentito di nuovo il grido del suo popolo (Es 2,23…
Au moment où le corps glisse le long des berges D’un destin fabuleux, mystérieux et vierge Et que brille très haut la lune dans la nuit Vous venez, tel un Dieu, habiter mon esprit.
Une douce moiteur échappée au réel Floute ma conscience entre veille et sommeil Si vous le voulez bien, restez pour le voyage Nous collectionnerons nos plus belles images.
Le songe est au présent nous voici transportés Dans l’ivresse et la joie d’un pays enchanté Mais très vite vos lèvres empreintes de pâleur Ne peuvent murmurer les mots doux à mon cœur.
La lune a vernissé le tableau qui m’est cher Tout semble statufié, vos yeux… une illusion ? Votre bouche, vos mains, votre front haut et fier Sont au rêve la fleur de l’imagination.
«Perciò in questa questione sulla Trinità e la conoscenza di Dio
dobbiamo principalmente indagare che cosa sia il vero amore,
o meglio, che cosa sia l’amore,
perché non c’è amore degno di tal nome che quello vero»,
Sant’Agostino, De Trinitate, VIII,vii,10
Amore e solitudine
Siamo profondamente soli e solo apparentemente connessi tra noi. Viviamo una solitudine che non è solo questione di comunicazione, ma è soprattutto una questione d’amore. Sì, siamo sempre più soli perché sempre meno disposti ad amare. L’amore infatti è esigente, ci chiede di scomodarci, di uscire da noi. L’amore ci chiede di riconoscere che non siamo i soli, c’è anche un altro con le sue esigenze e le sue domande. L’amore ci chiede di non pensare sempre a partire da me.
Forse proprio per questo la solitudine è diventata…
L’esperienza del fallimento accompagna tutta la nostra vita: fallimento professionale, fallimento nelle relazioni, fallimento apostolico…fallimento anche nella relazione con Dio. Siamo fragili, possiamo sbagliare: il fallimento fa parte della nostra realtà di creature. Il fallimento però non dovrebbe mai diventare l’ultima parola: se è vero che possiamo sbagliare, è anche vero che possiamo ricominciare.
Il brano del Vangelo che ci viene proposto questa domenica ci mostra non solo come Dio ci aiuta a rialzarci dalle nostra situazioni di fallimento, ma forse ci insegna anche…
Sant’Agostino, In Evangelium Ioannis Tractatus, 33,5
Professionisti del giudizio
Coloro che indagano morbosamente le presunte perversioni degli altri, sono generalmente coloro che non riescono ad accettare la perversione ben più grave in loro stessi. A volte ci meravigliamo e restiamo scandalizzati davanti all’efferatezza del giudizio, davanti all’aggressività travestita da giustizialismo, davanti alla volontà di distruggere senza misericordia.
Cosa c’è dietro questi atteggiamenti? C’è la fatica di entrare in contatto con il proprio male. È un modo per difendersi: se queste persone, anche solo per un attimo, vedessero il male che si portano dentro, ne sarebbero travolte! Hanno bisogno perciò di combattere l’oggetto che è fuori di loro, negli altri, pensando così di gestire la perversione che si portano dentro: in realtà fanno male…